Giorni pieni, vortici di bellezza nei Campi Flegrei
( di Annabella Izzo )
“Mi chiamo Tozzi Angelina e ho 74 anni. Abitavo nel palazzo giallo, dove c’è il Percorso Archeologico. Mica era così largo Sedile di Porta!”. Ed ancora “Mi chiamo Luigi Iacuaniello, sono nato l’11 marzo 1941 qui al Rione Terra, in Via Duomo,19. Non si faceva l’albero di Natale nelle povere case, ma il Presepe. Erano semplici, ma profumati perché ricoperti da muschio. Lo raccoglievamo nel boschetto che c’era dove adesso c’è il Ponte Nuovo, sulla Solfatara. Sopra ci andavano le statuine che si compravano o erano di fortuna”. Si leggono queste parole nostalgiche in uno dei tanti racconti di “Storie dal Rione Terra”, libro scritto da Gemma Russo giornalista puteolana responsabile della Proloco di Pozzuoli. Altrettante parole non soltanto nostalgiche le abbiamo ascoltate dal vivo nell’incontro che ha preceduto il tour dell’area archeologica di quella parte alta della città, il Rione Terra, che negli anni ’70 ha vissuto lo sgombero forzoso per l’avvio del piano di recupero e valorizzazione, causa bradisismo.
Il cuore “adderèto”, all’indietro! Peppuccio Tornatore, uomo del sud ed encomiabile regista, in un ipotetico film dove i puteolani sfollati avrebbero espresso i loro desideri per il tramite di una intervista, li avrebbe diretti ad esprimere l’esatto contrario di ciò che fece esprimere ai paesani di un luogo del profondo sud nel “L’ uomo delle stelle”. Lì fu rappresentato l’esasperato bisogno di partire, scappare fisicamente da una vita cruda e castrante, qui al Rione Terra il contrario: un attaccamento segno di amore, quell’amore che allora, nella vita misera che credevano degna, come unica strada conosciuta e percepita percorribile per non morire dentro. Altro non c’era.
Ad accompagnarci lungo il percorso sotterraneo il nostro insostituibile archeologo dott. Alessandro Locchi che, come sempre, coniugando conoscenza e passionalità ci ha fornito gli elementi giusti per legare ed incrociare il visibile attuale con ciò che fu, trattasi di millenni. Insomma grandi tuffi con grandi sforzi di immaginazione (come ama dire lui) in un passato complesso e lungo di quei luoghi che hanno conosciuto grandezze e miserie. Luoghi dove la natura si è palesata generosamente. Terra inquieta ma feconda. Mare fascinoso, provvidenziale, oserei dire elemento materno dove le antiche popolazioni hanno potuto interagire fortificandosi a beneficio dell’umanità. Greci, sanniti, romani, non è poco! Viene quasi un senso di soggezione! Come pure viene durante la passeggiata nel Parco archeologico (si fa per dire passeggiata, eravamo sul Monte di Cuma) visitando l’area sacra, i templi di Apollo e di Giove, l’antro (forse ?) della Sibilla e tanto altro.
Praticamente la nostra “tre giorni” si è aperta tra i fondali di Baia a bordo di un battello per ammirare resti di pavimenti musivi di antiche dimore della élite di un tempo, l’Atlantide flegrea, per finire sulla sommità di un monte pregno di divinità che, detto tra noi, mi piace pensare ci sia stata tanta generosità nel regalarci un clima perfetto, insolito a fine ottobre.
Mi sorge una curiosità: che profezie avrebbe fatto la Sibilla al nostro gruppo di moderni “argonauti”? Non lo sapremo mai, possiamo immaginarlo però, sognarlo affidandoci a Morfeo.
Giorni pieni, vortici di bellezza, bel viaggio. Grazie a Rita, a Lorenzo, ad Alessandro Locchi ed anche a tutti noi!