a cura del Prof. Carlo MARI
GIORNATA PRIMA
Metà aprile 2024 e TempodiEventi (detto anche T d E) fa la sua tre giorni di conquista di Forlì (con Mostra dei Preraffaelliti annessa!) e Ferrara. Passano solo due mesi, metà giugno, ed eccoci di nuovo appassionati e determinati sull’ormai “nostro” Italo-Treni, con abbigliamento molto alleggerito, pronti per la tre giorni di Padova.
Parma, Napoli, Torino, Firenze, Milano, Mantova, Matera, Campi Flegrei, Pisa, Bologna – per limitarci a ricordare solo alcune città – sono già state conquistate negli anni passati. Di Roma nemmeno parliamo: è di fatto un nostro totale possedimento feudale. Il sindaco Gualtieri infatti ha già proposto al Consiglio Comunale di erigere una statua nella piazza del Campidoglio: al posto di Marco Aurelio a cavallo ci sarà Rita Mancini in treno!!
Ora tocca alla veneta Padova vederci arrivare, armati di macchine fotografiche e cellulari di ultima generazione: e nulla sfugge alle nostre abilità fotografiche, ma ancor più ai nostri occhi, alla nostra curiosità intellettuale, alle nostre emozioni.
E si comincia subito con la prima giornata, come sempre densa di impegni: senza tregua. Padova deve essere subito conquistata. E questa volta con una nuova guida: Marta. Ma che dico nuova! sarà anche padovana di adozione, sarà anche una professionista nel campo delle guide d’arte… ma è anche la figlia di una nostra tidieina, di quelle della prima ora, socia tesserata fra le prime. E Marta alcuni di noi l’hanno conosciuta… giovinetta. Ora è sposata con due figlie, vive a Padova da anni, ma per noi resta sempre una babytidieina… romana: anche quando dice “la mia Padova” !! Va beh, comunque ci accoglie, ci saluta affettuosamente e poi subito – senza pietà alcuna – comincia a farci camminare. Sono le 15.00, non ci farà fermare se non alle 22.00, dopo che abbiamo calcolato con sofisticate applicazioni tecnologiche un percorso fatto di 8 chilometri!! A quel punto dice, con voce soave che sembra la goldoniana Mirandolina: ok, adesso comincia a sentirsi la stanchezza e ce ne andiamo a dormire. Ci parla di stanchezza: parola che a noi suona come un… eufemismo. Siamo praticamente in preda ai crampi, come i calciatori dopo i tempi supplementari: ma tant’è, siamo a Padova in viaggio di conquista, mica si scherza, e dunque non si fanno prigionieri. E andiamo a letto dopo aver fatto nostri, nell’ordine: Palazzo della Ragione, Battistero, Chiesa degli Eremitani, Giardini dell’Arena, Cappella degli Scrovegni.
Ovviamente il clou della giornata è la Cappella affrescata da un pittore di secondo piano: pare si chiamasse Giotto… ah, mi dicono che non era di secondo piano. Allora diciamo un grandissimo pittore, un vip superbig. E in effetti la Cappella è carina !! Con il suo colore dominante, il blu. Sì, il colore del cielo stellato, il colore di Maria, il colore di una narrazione completa di ispirazione agostiniana della dottrina cristiana e del vissuto di Cristo fatta per immagini anziché con la parola. Ma i colori parlano, cantano, raccontano. E noi stiamo al gioco, e dialoghiamo con Giotto. E lo scopriamo anche al di là delle immagini più famose. E così parecchi tidieini si bloccano a guardare, contemplare e fotografare una scena d’amore poco nota: il primo bacio. Di chi? Giuseppe e Maria genitori di Cristo? No, di Gioacchino e Anna, nonni di Cristo ai quali Giotto riserva un ampio spazio in questi suoi affreschi, umanizzando attraverso di loro tutto il percorso di Cristo. E sì, perché l’amore è bello, ed è fatto di affetti, sentimenti… e di carnalità: e appunto di baci. E Giotto ce lo ricorda. Ebbene sì, Gioacchino e Anna si baciavano e Giotto sublima il gesto dolcissimo con la sua poesia per immagini e colori: dolcissimo bacio. Che illumina la Cappella non meno del cielo stellato che avvolge la volta e tutto l’insieme degli affreschi. E non può mancare la rappresentazione dell’Inferno, di fianco ad una immagine del Paradiso. Qui ordine, serenità, luce; nell’Inferno caos, violenza, tinte forti. Ovviamente il pensiero non può non correre al contemporaneo Dante Alighieri, conoscente – forse amico di Giotto. Comunque espressione di una medesima epoca e cultura e arte visionaria. Tra i due inferni corrono affinità importanti, ma anche differenze di fondo, con differenti modelli artistici e riferimenti filosofici ed etici, fra l’agostiniano Giotto e l’aristotelico/tomista Dante; e soprattutto un vissuto diverso come filtro nell’approccio alla visione infernale.
E mentre la Cappella ci immerge nei nostri pensieri e nelle nostre sensazioni, di fatto arriviamo quasi alla fine della giornata. La stanchezza incombe, ma siamo ben consapevoli che stiamo venendo fuori dal clou del nostro viaggio padovano.
Che comunque ci aveva portato ad altri tre incontri prima di Giotto. Il Palazzo della Ragione, edificio laico, istituzionale, che – a dire il vero – a chi vi sta indegnamente narrando questo viaggio è sembrato il più interessante della giornata (Scrovegni a parte). Eh sì, c’è un po’ di tutto, dalla rappresentazione psicologica dei segni zodiacali, al mito pagano a quello cristiano. Ma soprattutto c’è la dolcezza di vari affreschi che anticipano il blu che vedremo poi nella Cappella giottesca. E soprattutto c’è un soffitto che richiama lo scafo di una antica nave rovesciata, simbolo del viaggio esistenziale dell’uomo, ma anche di quello commerciale e cosmopolitico di un mondo che, piaccia o no ai padovani, ha Venezia come riferimento politico-culturale. E dopo il Battistero con i suoi affreschi ipercolorici e la Chiesa degli Eremitani con la sua asciuttezza architettonica, eccoci ai Giardini dell’Arena. Finalmente seduti! A gustarci il nostro primo spritz padovano, parzialmente alcoolico, ma quanto basta per metterci in condizione, di lì a poco, di dialogare in modo visionario con il nostro amico Giotto.
E poi di nuovo pullman, guidato niente meno che da un giovane Ivan il Terribile, che corre per le stradine di Padova manco fossimo nell’autodromo di Monza. Ma ci fa piacere arrivare subito in Hotel, per rinfrescarci e dedicarci poi ad una buona cena. Non tutti insieme; al ristorante ci rechiamo in tredici, e giusto giusto ci vorrebbe Giotto per ritrarre la nostra ultima… pardon, prima cena padovana. E poi tutti a dormire, in stanze adeguatamente rinfrescate dall’aria condizionata fissata – secondo quanto richiesto da una comitiva americana ospite in albergo – a livelli di temperature da Alaska. E’ il 14 giugno, ma dormiamo sotto le coperte tirate fino al mento. Anzi c’è qualcuno che si rivolge al portiere di notte per avere una ulteriore coperta. Comunque si dorme anche perché tutti consapevoli che alle 8.45 ci aspetta… Marta. Che avrà pure la voce soave di Mirandolina, ma è spietata come un personaggio del teatro elisabettiano! E ci preannuncia subito che oggi faremo meno strada a piedi; infatti di chilometri ne faremo soltanto … 7. Ma tant’è, siamo o no Tempo di Eventi? E si parte per la seconda giornata.
GIORNATA SECONDA
Prato della Valle. Piazza enorme, fra le più grandi d’Europa, incorniciata da piccole palazzine d’epoca, di una antica borghesia padovana, oggi in molti casi trasformate in B&B. Grande mercato, che in verità sommerge un bel po’ l’effetto scenografico di cui la piazza sarebbe dotata; qualche albero, un po’ di prato dal verde vivo di inizio estate. E l’idea del vissuto quotidiano padovano prende corpo, ovviamente più della prima giornata dedicata alla dimensione storico/artistica della città.
E poi? Ineludibile, visita alla Basilica di Sant’Antonio da Padova. Mito universale del mondo cattolico. Qui la folla è rilevante, per numero di visitatori e per il profilo cosmopolitico ed interculturale. Padovani, italiani di ogni regione, europei occidentali ed orientali, americani, indiani, africani, giapponesi, cinesi. Si dirà, una internazionale del turismo da pieni anni Duemila. Vero. Ma non è questo. O quanto meno non è solo questo. E soprattutto non è questo il clima dominante. Non siamo in una dimensione turistica, sia pure di turismo culturale. Siamo in una dimensione devozionale. Non dico che siamo gli unici – ma poco ci manca – ad esser lì per vedere una basilica di rilievo storico, una architettura, affreschi e dipinti vari. La stragrande maggioranza dei visitatori – la cosa è palpabile – è lì per devozione. E – scusate se il racconto si incupisce – ma è lì per un vissuto di dolore: passato, presente o di prospettiva. Superato o in pieno sviluppo. Un intenso, sofferente festival del dolore, che trova il suo apice emozionale davanti al sepolcro del Santo con le infinite foto affisse e dolenti sui pannelli che lo circondano. E il 70% delle piccole foto è di bambini. Il viaggio padovano qui sta cambiando clima. La comitiva tidieina è sparpagliata per la Basilica, immersa in una folla.
E se proprio vogliamo darci una immagine emblematica dello scenario, possiamo pensare al nostro sostare seduti in una cappella dove Marta ci illustra affreschi e quadri. E mentre Marta parla, noi ascoltiamo, ma con difficoltà, perché gli affreschi sono sopraffatti dalla figura reale di un uomo di colore, molto alto e robusto, completamente calvo, seduto su una panca in prima fila, ripiegato su stesso: nella mano sinistra un rosario che snocciola silenzioso con i soli movimenti delle labbra, e la mano destra poggiata sulla fronte. Nel caso non serve neanche Giotto per esprimere plasticamente questa immagine di dolore.
Appunto, quella non è solo preghiera: è dolore.
Forse cinicamente pensiamo un po’ tutti che è meglio uscire: è stata faticosa la visita, ma in questo caso non per le nostre gambe: per la nostra mente. Tornare alla solarità della Piazza, col suo mercato ed il suo cielo azzurro non ci dispiace affatto. Ed il programma, forse non a caso, a questo punto prevede per noi qualche ora libera. E così la comitiva si disperde in attività varie: chi al bar per uno spuntino, chi si riposa su una panchina a chiacchierare, chi fa un ulteriore giretto conoscitivo del vissuto quotidiano cittadino. Una pattuglia non piccola addirittura approfitta della fascia programmatica libera per andare a visitare una Mostra in corso nella città, dedicata tutta a Claude Monet, il top dell’impressionismo. Quadri stupendi con i loro effetti di luci che, in altro modo, stile e filosofia pittorica, richiamano però alla nostra mente la luminosità giottesca del cielo stellato. Son sicuro che se si incontrassero Giotto, Monet ed il filosofo Kant con la sua visione etico/gnoseologica del cielo stellato sopra di noi, ne deriverebbe un dibattito fascinoso, altro che quelli dei talk show dei giorni nostri. Respiro, luce, colore, umanità. Magari sarebbe bello vederli chiacchierare amabilmente – e volare alto – seduti al Caffè Petrocchi davanti ad uno spritz padovano. Che poi per Padova non sarebbe certo una novità vedere per le sue vie personalità di tale statura. Lo stesso Giotto ovviamente, che ci ha lavorato, e Galilei, Petrarca, Foscolo, Goldoni… non so se mi spiego!
Scienza ed arte…. e tanto tanto umanesimo. Ecco, a proposito del Petrocchi, qui una certa delusione possiamo legittimamente rimarcarla. Forse le aspettative simboliche erano troppo alte. L’idea di una caffè letterario e artistico, e della intellighenzia, locale e non, che di epoca in epoca al Petrocchi ha sorseggiato bevande e gustato stuzzichini vari, aveva creato nel nostro immaginario l’idea di impattare con un Parnaso 2024. Al di là della bellezza architettonica dell’edificio e al di là dell’interessante Museo del Risorgimento ai piani superiori, sarà stato per la enorme quantità di avventori – in rigorosa tenuta da turisti accaldati – però non si riusciva a percepire quel clima da “Intellighenzia Al Caffè” che ci si aspettava. La buonanima di Pasolini avrebbe detto che si coglieva una certa omologazione consumistica che prevaleva sulla dimensione intellettuale, artistica e filosofica che immaginavamo.
Peraltro venivamo da una ulteriore visita nel primo pomeriggio niente meno che a Palazzo del Bo: l’Università. E parlando di Università, non stiamo parlando di un universo culturale qualunque. Università storica, con epocale facoltà di Medicina, con un passaggio docente e sapienziale niente meno che di Galilei… e con 70 mila studentesse e studenti che attualmente ci si stanno formando, italiani e non. Cioè ancora una Padova – in salsa bolognese e veneziana – che fa storia e intelligenza.
E nel Palazzo del Bo dobbiamo cambiare guida; la nostra Marta, con la sua vocina eterea e goldoniana, deve per normativa professionale lasciare il posto ad una guida interna. Altra giovane ragazza, che ci illustra passato e presente della università padovana, con voce stentorea che sale di molti decibel oltre quella cui ci ha abituato la dolce Marta. Qui siamo di fronte ad una minuta ma tostissima amazzone che devi seguire con la massima attenzione per forza: il rischio di essere aspramente rimbrottati incombe. Peraltro finiamo anche nel piccolo, cupo teatro anatomico, e la paura aumenta. La ragazza è brava… ma cattivissima!
Non a caso ad inizio visita ci ha illustrato un mosaico in cui son raffigurati ex studenti di questa Università diventati…. Santi! Cioè non diventati scienziati, poeti, pittori, premi Nobel: ma santi. Come a dire, comportatevi bene che qui non si accettano trasgressioni. E soprattutto sulle sedie e poltrone che incontreremo, vietato sedersi! E noi abbiamo rigorosamente ubbidito.
Il Palazzo del Bo comunque è stata visita interessante e col fascino di ogni Università. Tanto più se si tratta di una Università che sta nella storia della cultura.
Poi, come detto, aperitivo al Petrocchi, e infine col pullman in hotel. E cena di chiusura della seconda giornata, con bel sonno rifocillante in stanze climaticamente tornate umane. La comitiva americana infatti per fortuna era tornata in America.
GIORNATA TERZA
Colazione, bagagli pronti in pullman, e si parte per le ville sul Brenta. Nello specifico, la grande, per dimensioni e fama, Villa Pisani. Il tempo è come sempre in questi giorni gradevole: sole, ma non troppo caldo. E la Villa ce la gustiamo bene. Partendo da una essenziale e storicamente rigorosa introduzione socio-culturale di Marta sulla storia – del tutto particolare – del patriziato veneziano, protagonista di queste ville, emblema della vicenda di questa classe sociale atipica, che ha fatto la storia della Repubblica Serenissima di Venezia, coinvolgendo anche l’entroterra. Una storia di élite borghese marinara, commerciale e cosmopolita; una storia fatta di successi marittimi economici, di potenza politica, di interscambio con Occidente e soprattutto con Oriente; una storia anche di mecenatismo, artistico e letterario, al maschile e al femminile, come nel caso di Maria Sagredo, moglie colta e raffinata di Alvise Pisani, elemento di punta della famiglia. Una storia fatta di ascese e di cadute, ma che di fatto reggerà finché la Serenissima non tramonterà nel mare della ascesa degli stati nazionali, Regno d’Italia compreso. Una storia immortalata da quell’animale teatrale meraviglioso che è stato Carlo Goldoni, con le sue commedie, con il suo ritratto sociale della villeggiatura in villa come status symbol, fino alle “smanie della villeggiatura” in villa come malinconica ossessione da tramonto di un’epoca e di un ceto sociale. E così ci immergiamo in questa monumentale e fascinosa villa, fra saloni immensi da feste, salottini da meditazione, camere da letto e da pranzo: fra arredi d’epoca e rifacimenti novecenteschi; lampadari veneziani tipici e affreschi di rara raffinatezza (non a caso c’è di mezzo Giambattista Tiepolo). E poi alle pareti colori tenui ed eleganti, tipicamente settecenteschi, fra un verde pastello ed un rosa confetto che decorerebbero già da soli anche non ci fossero immagini e disegni. E poi la sontuosità degli edifici, il rigoglio ben mantenuto dei boschetti, delle serre, dei fiori sparsi a ricordo di una gloria che fu, ma di una bellezza che c’è.
E il nostro viaggio va verso la conclusione, con il rientro a Padova.
Un saluto ed un abbraccio di affetto e stima per la nostra tidieina ad honorem – Marta, una di noi – che nei tre giorni con passione e competenza ha guidato il gruppo.
E poi il pranzo, prima del treno. Pranzo ottimo in un ristorante gradevole e strapieno in piazza Prato della Valle. Con camerieri, come in tutta questa nostra tre giorni, rigorosamente padovani purosangue: una siciliana, un pugliese, un napoletano di Posillipo e al terzo giorno un sorrentino autentico.
E a proposito di cene e pranzi, una riflessione è andata emergendo nel gruppo, su come tra fase delle ordinazioni, da Roma e in loco, fase del consumo di cibi e bevande e fase della elaborazione del conto e della sua ripartizione fra tidieini partecipanti, sia ormai diventato più facile organizzare un G7 che una cena o pranzo della nostra comitiva in viaggio culturale e di piacere. In particolare la fase della elaborazione e ripartizione del conto occupa circa … un terzo dell’intero viaggio !!!! E chiaramente le abilità amministrativo/contabili di Lorenzo e Rita ormai non risultano più sufficienti. Possiamo dire che una bella app elettronica gestita dalla Intelligenza Artificiale potrebbe rendersi necessaria.
Comunque complessità contabile a parte, abbiamo preso il treno puntualissimi come sempre. Bella carrozza tutta per noi, rossa fuori azzurra dentro… che manco Giotto! Aria fresca, paesaggi veneti, padani, emiliani, toscani e laziali che si susseguono, bellissimi, ma non disperdono nella nostra mente il ricordo e l’immagine di Giotto, Villa Pisani, Padova; ma soprattutto l’immagine di noi stessi, tidieini appassionati e incalliti, che ci stancheremo pure a camminare o a stare in piedi a lungo, ma quanto a voglia di divertirci, ne abbiamo in quantità industriale.
E la comitiva sta pure aumentando con nuovi innesti che rinforzano lo zoccolo duro dei tidieini d’epoca !! Ci sono nuovi innesti anche maschili, che rinforzano un po’ le quote azzurre. Anche se l’innesto principale è stato al femminile, una nuova amica che ci ha promesso che il prossimo viaggio ce lo offre lei: una settimana nel Maine, e poi Boston e, chissà, una puntatina rapida a New York. L’ONU ci attende.
Intanto fra pochi giorni ci attende Roma, con una passeggiata nel suo centro storico: mica possiamo dimenticarcela Roma: il nostro feudo.
p.s. non vorrei essere rimproverato come bieco maschilista. Riferisco una osservazione fatta da alcune donne del gruppo. Ma tra le cose belle o comunque piacevoli da ricordare della nostra tre giorni padovana, non è da trascurare il livello estetico medio delle ragazze padovane: altissimooooooooo. Sottoscrivo !
E buon Tempo di Eventi a tutte e tutti
Che dire..! Un sentito applauso a Carlo per il suo particolareggiato e spiritoso commento alle visite. Un rimpianto per non essere stata presente. Mi riprometto di non perdermi la prossima gita. Un caro saluto a tutti, in particolare alla cara Rita ed a Luciano.
Semplicemente meraviglioso!! Grazie Carlo per il “mental trasporto”! Mi è sembrato di essere con voi a camminare e gioire. Fantastico e minuzioso come sempre!